Pedodonzia: a che età i bambini possono mettere l’apparecchio ortodontico?

Pedodonzia: a che età i bambini possono mettere l’apparecchio ortodontico? | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Non sempre i benefici della pedodonzia (e in questo caso più specificamente dell’odontoiatria pediatrica) vengono adeguatamente compresi e apprezzati nel tempo, ma come è risaputo, l’utilizzo di un apparecchio ortodontico per trattare i problemi dentali di tipo ortodontico già in età pediatrica consente di prevenire molto più che un sorriso non perfettamente allineato, quali ad esempio:

  • malformazioni di mascella e mandibola
  • affollamenti dentali
  • prematura caduta dei denti
  • cefalee
  • tensioni cervicali
  • problemi posturali.

A che età dunque è possibile, o doveroso, intervenire con l’applicazione di un apparecchio ortodontico?

Primo step: visita di controllo

La prima risposta, quella più veloce, è che non si tratta di un fattore che può essere calcolato preventivamente da un genitore: essendo ogni situazione a sé, deve come tale venire valutata dall’odontoiatra durante la visita di controllo, che decide a seconda dell’età del paziente, del suo assetto dentale e di altri fattori quali l’anamnesi familiare se si necessita di iniziare un percorso correttivo con una soluzione ortodontica.

Apparecchio ortodontico per fasce di età

Analizzando invece le età e i problemi correlati, è bene evidenziare come, nei casi più gravi, lo specialista può considerare l’apparecchio ortodontico già all’età di 3-4 anni, laddove si presenti un palato troppo stretto che necessiti di essere trattato prima dell’ossificazione completa dello stesso.

I medesimi problemi possono in altri casi essere affrontati in ogni caso con l’ortodonzia anche fino agli 8 anni, sempre in ogni caso con carattere di urgenza.

A partire dai 10 anni si può intervenire invece anche sull’affollamento e allineamento dentale, sia per sistemare le problematiche di cui sopra che per incrementare l’estetica del sorriso.

Apparecchi ortodontici: quali sono?

Vediamo quindi le soluzioni più comunemente utilizzate in ortodonzia. La soluzione più tradizionale e conosciuta è rappresentata dai brackets in metallo, composti da attacchi a placchette posti al di sopra dei denti, guidati da sistemi di molle ed elastici e sorretti da un filo metallico teso a seconda delle necessità soggettive.

Alternativa popolare sono i brackets in ceramica, che rappresentano una soluzione più discreta a livello estetico, e per questo preferiti; hanno di contro la necessità di una più attenta e costante manutenzione, oltre che a una maggiore sensibilità alle macchie causate da particolari alimenti quali caffè e prodotti ricchi di coloranti.

Abbiamo poi gli apparecchi ortodontici linguali, che differiscono dai brackets in metallo per la loro applicazione nella parte interna dell’arcata dentale.

Infine, la soluzione che negli ultimi anni ha rivoluzionato il settore: gli allineatori invisibili, che sono difficilmente notabili anche a distanza ravvicinata, e che consentono un maggiore agio nei rapporti sociali anche per soggetti di età più avanzata che vogliono correggere i propri difetti dentali. Questi offrono inoltre maggiore autonomia, in quanto possono essere rimossi dal paziente, e riducono le irritazioni del cavo orale causate da fili, molle e attacchi metallici.

Anche la scelta dell’apparecchio ortodontico più idoneo va in ogni caso discussa con il vostro dentista.

Volete prenotare una visita odontoiatrica? Contattate ora il Centro Politerapico di Monza!

Metabolismo alterato: quando il problema è la tiroide

Metabolismo alterato: quando il problema è la tiroide | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Il metabolismo alterato è un problema piuttosto comune nella popolazione, dalle percentuali probabilmente ancora superiori rispetto a quanto riportato dalle statistiche, in quanto si stima che il 70% circa degli italiani non abbia mai fatto un esame della tiroide.

Sebbene infatti vi siano più cause che possono incidere sull’insorgenza delle patologie metaboliche, la regolazione ormonale è sempre il primo fattore da monitorare per una diagnosi completa e accurata.

Che cos’è il metabolismo basale

Con metabolismo basale (MB) si intende il tasso di dispendio energetico per unità di tempo degli animali endotermici a riposo, in condizione di digiuno e con una temperatura ambiente ottimale. Esso comprende l’energia impiegata per le funzioni metaboliche vitali principali, quali la circolazione sanguigna, la respirazione e le attività del sistema nervoso, ed ha un ruolo quindi essenziale nella diagnosi di problemi di metabolismo.

Questo rappresenta tra il 45% e il 75% circa della spesa energetica totale quotidiana.

Tra le varie formule trovate negli anni per il suo calcolo, l’equazione di Harris-Benedict è quella maggiormente usata per una prima stima:

UOMINI: 66 + (13.7 * peso in kg) + (5 * statura in cm) – (6.8 * età in anni)

DONNE: 65 + (9.6 * peso in kg) + (1.8 * statura in cm) – (4.7 x età in anni)

Questa ed altre formule non offrono però un risultato preciso quando applicate su individui affetti da obesità o con massa magra particolarmente sviluppata, ragion per cui un calcolo accurato per l’identificazione di problemi di metabolismo alterato può essere fatto solo con un nutrizionista.

Metabolismo lento e veloce: le cause

Nella maggior parte dei casi, il paziente accusa un metabolismo lento, ossia una lentezza da parte dell’organismo a processare le molecole, che porta a problemi quali una tendenza a ingrassare e conseguente difficoltà a dimagrire, pressione bassa, costante spossatezza, ipersudorazione, maggiore sensibilità al freddo, stipsi.

Le cause possono essere:

  • sedentarietà
  • dieta squilibrata
  • digiuno
  • stress
  • assunzione di farmaci
  • tabagismo
  • carenze di sonno
  • ipotiroidismo

Viceversa, un metabolismo più veloce del normale porta a bruciare velocemente i nutrienti, che accelera il dimagrimento e impedisce la costruzione di scorte energetiche; questo è causato per la maggior parte delle volte da ipertiroidismo.

Metabolismo alterato e tiroide

Il controllo delle funzioni ormonali è quindi strettamente correlato a un alterato metabolismo, anche in relazione a quelli che sono i principali sintomi dell’ipotiroidismo (sonnolenza, senso di stanchezza generale, depressione, irregolarità del ciclo mestruale) e dell’ipertiroidismo (ipersudorazione, nervosismo, insonnia, diarrea).

Qualora quindi un cambiamento di peso non sia imputabile a mutate abitudini o ad altri fattori certi, la visita dall’endocrinologo è da ritenersi necessaria. Lo specialista potrà a seconda dei casi prescrivere esami del sangue per valutare la regolarità dell’ormone tireostimolante (TSH), la triiodotironina libera (FT3) e la tiroxina libera (FT4); ecografie della tiroide per scovare ingrossamenti della ghiandola, comparsa di noduli e fenomeni infiammatori quali la tiroidite; e incrociare i risultati con quelli di Color Doppler e Power Doppler.

Potete contattare il centro Politerapico Polidiagnostico di Monza per maggiori informazioni.

Che cos’è l’elettromiografia e quali condizioni può diagnosticare

Che cos’è l’elettromiografia e quali condizioni può diagnosticare | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

L’elettromiografia (EMG) è un esame diagnostico frequentemente prescritto a seguito di una visita neurologica, necessario per diagnosticare lo stato di muscoli e nervi di una specifica area del corpo. Viene spesso utilizzata laddove si presentano sintomi quali intorpidimenti, formicolii, crampi, o altri fattori che sembrano indicare la presenza di patologie muscolari o neuromuscolari.

In questo approfondimento ne vediamo le caratteristiche e le diagnosi correlate.

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Quali disturbi si diagnosticano con l’elettromiografia

L’EMG è spesso di fondamentale importanza per diagnosticare o escludere una serie di condizioni anche rare connesse al sistema nervoso, quali ad esempio:

  • disturbi muscolari (distrofia muscolare, polimiosite);
  • malattie che colpiscono la connessione tra il nervo e il muscolo (miastenia grave);
  • problematiche dei nervi periferici (neuropatie periferiche, sindrome del tunnel carpale);
  • patologie della radice nervosa, (ernia del disco);
  • disturbi che colpiscono i motoneuroni nel cervello o nel midollo spinale, (poliomielite, sclerosi laterale amiotrofica).

Come avviene l’elettromiografia

Questo esame si sviluppa in tre fasi: elettromiografia (EMG), elettroneurografia (ENG) e elettromiografia delle singole fibre; la prima fase viene svolta dal neurofisiopatologo e le successive dal neurologo.

Attraverso l’elettromiografia vengono registrati i potenziali elettrici causati dalle contrazioni volontarie dei muscoli. Questo può avvenire con due metodi: attraverso l’inserimento di un elettrodo ad ago di dimensioni variabili in relazione all’estensione e alla posizione del muscolo analizzato, o con l’applicazione di elettrodi di superficie. Il primo metodo registra un singolo potenziale a indicare l’esercizio di una singola unità motoria, ovvero dell’intero complesso di fibre muscolari connesse ad una terminazione nervosa; mentre con il secondo metodo si rilevano invece dati per un gruppo di unità motorie.

L’attività del muscolo viene considerata a riposo durante l’esame e volontaria durante la contrazione massima. I risultati consentono di differenziare tra patologie del sistema nervoso periferico e patologie muscolari.

Come prepararsi per l’elettromiografia

Sebbene non sia richiesta una preparazione specifica, ci sono alcuni comportamenti che è bene mettere in pratica per la buona riuscita dell’esame. Durante l’igiene personale è bene infatti curarsi di rimuovere e non utilizzare oli, lozioni e creme; è consigliabile vestirsi comodi ed evitare di assumere caffeina e tabacco alcune ore prima del test; è inoltre necessario comunicare preventivamente i farmaci che si stanno assumendo, con attenzione particolare per gli anticoagulanti e la piridostigmina.

Potete contattare il centro Politerapico di Monza per maggiori informazioni o per prenotare un’elettromiografia.

Che cos’è la risonanza magnetica aperta e quando viene consigliata

Che cos’è la risonanza magnetica aperta e quando viene consigliata | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

La risonanza magnetica (RM) è una tecnica diagnostica per immagini che utilizza i campi magnetici e trova applicazione per la diagnosi di numerose condizioni patologiche. È uno dei sistemi più efficaci per visualizzare lo stato di articolazioni, scheletro e organi interni, in quanto non utilizza alcun tipo di raggi ionizzanti, e ha un ruolo primario in campo oncologico; data però la sua modalità di funzionamento, che prevede che il paziente si sdrai su di un lettino il quale scorre poi all’interno di una struttura chiusa, può creare difficoltà con alcune tipologie di pazienti, ovvero i soggetti claustrofobici, i soggetti fortemente obesi, gli anziani e i bambini. Ed è per questo che nel tempo sono stati sviluppati macchinari che permettono di effettuare la cosiddetta risonanza magnetica aperta, ovvero il medesimo esame ma in una struttura aperta e più facilmente accessibile.

Quali differenze tra la risonanza magnetica aperta e chiusa?

Come detto, la RMN aperta consente di eseguire più facilmente l’esame per i soggetti più impressionabili, e anche quelli che per caratteristiche costituzionali possono riscontrare difficoltà nell’utilizzo del macchinario.

È bene però sottolineare come le due tecniche non siano completamente intercambiabili: vi sono infatti situazioni in cui la maggiore potenza della RMN chiusa risulta indispensabile per ottenere un risultato affidabile, e si tratta nello specifico dei casi in cui si necessita di esaminare i volumi corporei più ampi, quale ad esempio quello addominale. Di contro, però, la RMN aperta è consigliata in caso di multiple patologie o lesioni traumatiche.

Dove prenotare una risonanza magnetica aperta o chiusa

Presso il centro Politerapico di Monza è possibile effettuare una risonanza magnetica aperta con un macchinario anticlaustrofobia da 1,5 tesla, idoneo per l’utilizzo con pazienti fino a 250 kg di peso. L’esame può essere effettuato tramite SSN o privato agevolato, e con tutte le convenzioni del Centro Politerapico: UNISALUTE, PREVIMEDICAL, GRUPPO ASSICURATIVO POSTE VITA, MUTUA COMMERCIANTI, FASI. L’esame può proseguire, quando necessario, con la TAC e tutte le ecografie disponibili. Il CD con le immagini viene consegnato subito, e il referto può essere scaricato online.

Potete contattare il centro Politerapico di Monza per maggiori informazioni.

Come prevenire l’osteopenia ed evitare che degeneri in osteoporosi

Come prevenire l’osteopenia ed evitare che degeneri in osteoporosi

La prevenzione dell’osteopenia è una misura utile e consigliata a tutti i soggetti predisposti a sviluppare questa condizione legata alla riduzione della densità minerale ossea (BMD), un valore che indica la quantità di minerali per centimetro cubo presente nell’osso, e quindi strettamente correlata alla salute dello stesso. Prevenire e rilevare la patologia consente infatti di conservare un’ossatura forte e ridurre i rischi di frattura che aumentano inevitabilmente con l’insorgere dell’osteopenia, oltre a evitare la degenerazione della stessa in osteoporosi, ovvero una forma più grave.

Osteopenia: prevenzione e fattori di rischio

Vi sono più fattori di rischio per lo sviluppo dell’osteopenia, ed essendo alcuni di questi inevitabili, è bene conoscere quelli su cui è possibile intervenire per contrastare la perdita di densità ossea. Nello specifico, sono stati individuate le seguenti cause:

  • Invecchiamento;
  • Riduzioni ormonali (testosterone per gli uomini, estrogeni per le donne);
  • Predisposizione genetica;
  • Fumo e alcol;
  • Problemi di alimentazione;
  • Sedentarietà.

Da un’analisi dei fattori esposti, si può evincere in autonomia come uno stile di vita sano, comprendente quindi una corretta alimentazione e un’attività fisica quotidiana, siano indispensabili per conservare la salute delle ossa. Allo stesso tempo, è necessario controllare anche i valori della vitamina D, un nutriente importante anche per la salute del colon-retto che può essere trovato in alimenti quali formaggi grassi e pesci quali tonno, salmone e sgombro, e prevedere eventualmente un’integrazione tramite supplementi. Essenziale poi è anche l’apporto di calcio, componente fondamentale delle ossa. Eventualmente, a seguito di una visita dall’endocrinologo potranno essere prescritti appositi farmaci per contenere l’avanzare della patologia.

Sintomatologia e diagnosi dell’osteopenia

La difficoltà di una diagnosi tempestiva dell’osteopenia è data dal fatto che in una fase iniziale il quadro clinico risulta privo di sintomi evidenti, pertanto è difficile accorgersi per tempo della presenza di questa condizione. Nel tempo, possono invece insorgere fratture ossee, con maggiore frequenza per la spina dorsale, eventualmente precedute da osteoalgia.

Ad oggi, il metodo più efficace per diagnosticare osteopenia e osteoporosi è l’esame della densitometria ossea (MOC). Tramite la tecnica DEXA, ossia a doppio raggio X, vengono rilevati i due parametri di riferimento che sono la massa ossea e la densità minerale ossea; questi vengono poi interpretati attraverso il T-score, il quale con valori compresi tra -1 e -2,5 porta alla diagnosi di osteopenia, mentre con valori inferiori a -2,5 si parla invece di osteoporosi. Si tratta di un esame che viene consigliato anche ai soggetti celiaci, in quanto predisposti allo sviluppo della patologia.

Potete contattare il Centro Politerapico di Monza per maggiori informazioni.

Scopri Invisalign al Politerapico di Monza

Scopri Invisalign al Politerapico di Monza | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Presso il centro Politerapico di Monza è possibile trovare Invisalign, il trattamento ortodontico che consente di riallineare il sorriso con un apparecchio trasparente e dal massimo comfort.

Previo appuntamento, i nostri specialisti sono a disposizione per effettuare una visita che vi consente di valutare la vostra situazione e i vantaggi degli apparecchi ortodontici Invisalign in poco tempo: attraverso lo scanner intraorale 3D iTero verrà infatti rilevata l’impronta digitale del vostro cavo orale in qualche secondo e mostrata su schermo, e da questa sarà possibile discutere un trattamento personalizzato.

La visita sarà effettuata come da norma seguendo i protocolli Covid-19.

Quali casi può trattare Invisalign?

Il sistema può trattare differenti casi di correzione del sorriso, dalle condizioni più semplici di raddrizzamento fino alle dentature più complicate, sia per gli adulti con situazioni ormai stabilizzate che per bambini con denti in fase di sviluppo. Nello specifico, è possibile intervenire su:

  • Morso profondo;
  • Morso inverso;
  • Morso crociato;
  • Denti con spazi;
  • Morso aperto;
  • Denti affollati;
  • Bambini e denti permanenti;
  • Denti generalmente dritti.

Perché Invisalign è la soluzione preferita dai pazienti

Con il sistema Invisalign molte persone hanno sistemato situazioni di malocclusione e dentature fuori asse, rimanendo soddisfatti per la discrezione estetica degli apparecchi, per la facilità di rimozione e applicazione in completa autonomia, e per i risultati ottenuti, i quali si dimostrano essere duraturi. Con un regolare utilizzo giornaliero di 22 ore, che consente una finestra temporale sufficiente per il consumo dei pasti, il trattamento mostra i primi risultati, a seconda dei casi, già a partire da sei mesi dalla loro applicazione. Invisalign può essere tranquillamente utilizzato anche in presenza di corone, ponti e impianti dentali, e non richiede una manutenzione impegnativa.

Potete trovare maggiori informazioni su Invisalign o prenotare una visita dal sito del centro Politerapico di Monza.

Come funziona la terapia a onde d’urto per la disfunzione erettile

Come funziona la terapia a onde d'urto per la disfunzione erettile | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Una delle più interessanti novità degli ultimi anni nella cura della E.D. è la terapia a onde d’urto per la disfunzione erettile, la quale consente di intervenire con una serie di vantaggi che non possono essere ottenuti con altre terapie. La cosiddetta terapia a onde d’urto peniene risolve infatti le più comuni problematiche che un andrologo si trova ad affrontare, ovvero la dolorosità delle cure e la gestione dello stress accusato dal paziente. 

Funzionamento e vantaggi della terapia a onde d’urto per la disfunzione erettile

Ad oggi, le onde d’urto sono una soluzione sempre più presente all’interno di varie branche della medicina, quali ad esempio i settori riabilitativi, rigenerativi e fisiatrici; e uno dei campi nei quali è possibile apprezzare risultati notevoli è l’andrologia. Grazie alla terapia a onde d’urto per la disfunzione erettile è possibile sostituirsi alle tradizionali terapie farmacologiche con le quali il disturbo viene generalmente affrontato, le quali talvolta non rispondono correttamente in caso di pazienti con disturbi vascolari, o permettere di escludere l’ipotesi di intervento chirurgico; e come già accennato, si tratta di un approccio molto più confortevole per il paziente, il quale, non andando incontro a sintomatologie dolorose, non necessita nemmeno di anestesia.

Qual è il principio di funzionamento di questo metodo? Attraverso una testina vengono trasmesse onde d’urto direttamente sulla cute del paziente, nello specifico in senso longitudinale sul dorso del pene e lungo il perineo. L’energia delle onde d’urto agisce quindi in profondità, andando a stimolare la microcircolazione del sangue, la quale viene incrementata o rigenerata, e di conseguenza viene favorita la formazione di nuovi vasi sanguigni, ripristinando così una corretta vascolarizzazione.

La terapia prevede generalmente un ciclo di una o due sedute settimanali per un totale di sei settimane, in cui i primi risultati possono essere già riscontrati dopo le prime sedute. Con l’utilizzo delle onde d’urto, il disturbo della disfunzione erettile viene curato totalmente o comunque si ha in ogni caso un riscontro positivo; a completamento del ciclo, il paziente può recuperare la piena spontaneità della funzione erettile. Inoltre, la terapia non presenta praticamente mai effetti collaterali.

Disfunzione erettile, quando intervenire con onde d’urto

La disfunzione erettile è un disturbo con una certa diffusione soprattutto al superamento dei 40 anni e con incidenza sempre maggiore al progredire dell’età. A livello episodico può manifestarsi nella vita di tutti gli uomini adulti, ma si rende necessario intervenire solo a seguito di una manifesta cronicità del fenomeno. 

Con l’aiuto di uno specialista, è bene innanzitutto considerare quali possono essere le cause, le quali si dividono in quelle di tipo psicologico e di tipo organico; queste ultime sono più specificamente distinte in vascolari, neurologiche, ormonali, iatrogene e quelle legate a malattie sistemiche; successivamente, è possibile discutere dell’eventualità di procedere a una terapia a onde d’urto per la disfunzione erettile

Con il sistema Piezowave ED di Politerapico Monza, soluzione d’avanguardia e dalla grande efficacia, è possibile ottenere benefici notevoli anche nei pazienti sottoposti a prostatectomia; tuttavia la decisione finale deve sempre essere presa da un andrologo.

Potete contattare Politerapico Monza per maggiori informazioni o per prenotare una visita specialistica.

Come diagnosticare l’osteoporosi con la densitometria ossea – MOC

Come diagnosticare l’osteoporosi con la densitometria ossea - MOC | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

La densitometria ossea è un esame che permette di diagnosticare l’osteoporosi e l’osteopenia tramite una valutazione di tipo quantitativo della densità minerale delle ossa. Conosciuta con il termine di MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata), viene generalmente eseguita tramite la tecnica DEXA, ovvero a doppio raggio X, e consente di ottenere i valori della BMC (massa ossea) e della BMD (densità minerale ossea – sali di calcio), i quali vengono interpretati con l’indice T-score.

Si tratta di un esame rapido e indolore, con una bassa esposizione alla radioattività e con pochissime controindicazioni, tra cui il periodo di gestazione; può essere però effettuata a qualsiasi età, ed è consigliata nelle donne con menopausa precoce, donne nel periodo precedente alla menopausa soggette a fattori di rischio elevati, carenze estrogene in generale, donne over 50, carenze di vitamina D, perdite di statura notevoli e riscontri di osteoporosi o cedimenti vertebrali dati da esami radiologici.

Quando eseguire la MOC lombare/femorale

La densitometria ossea consente dunque di analizzare lo stato generale della salute delle ossa del paziente. È importante distinguere però la differenza tra le due tipologie di esami, ovvero la MOC a raggi X e la MOC a ultrasuoni, dove la prima viene effettuata sul femore e/o sulla regione dell’anca, e la seconda sul tallone. Chi necessita di scovare l’eventualità di problematiche correlate ad osteoporosi e osteopenia, e quindi dei rischi di frattura dell’osso, dovrà necessariamente sostenere il controllo ai raggi X lombare/femorale, in modo da avere dati per una diagnosi completa. Viceversa la MOC al tallone può essere considerata solamente un esame integrativo, e poco attendibile ai fini di una valutazione. 

La discriminante invece tra la MOC lombare e femorale dipende dai singoli casi, anche se spesso vengono richieste entrambe. È possibile però affermare come la preferenza tra i singoli esami dipenda dal fattore età: l’esame del femore è generalmente più attendibile per i pazienti over 65, e viceversa quello lombare per chi ha meno di 65 anni.

MOC e celiachia

La MOC viene consigliata anche nel momento in cui a un paziente viene diagnosticata la celiachia, dal momento che il 40%-60% circa dei neodiagnosticati soffre di osteoporosi. La correlazione sembra essere legata da elementi quali infiammazioni che determinano l’incremento dei processi di riassorbimento osseo da parte di alcuni anticorpi, con conseguenti carenze di calcio, e la scarsa efficienza dell’assorbimento del calcio e della vitamina D da parte dell’intestino per via di lesioni della mucosa intestinale. 

Anche a seguito dell’eliminazione del glutine dalla dieta, infatti, la normalizzazione della massa ossea non è garantita, e l’esame consentirà di verificare lo stato di salute delle ossa e di valutare l’eventuale prescrizione di farmaci.

Potete contattare il Centro Politerapico di Monza per maggiori informazioni, oppure prenotare un esame, anche convenzionato con il SSN (con ricetta medica), al 0392103560 o a questo link.

Perché è necessario includere terapie non farmacologiche per la cura del dolore

Perché è necessario includere terapie non farmacologiche per la cura del dolore | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Essendo la terapia del dolore un processo finalizzato alla conservazione della salute e del benessere generale, la sua efficacia è correlata a una serie di fattori, pertanto deve sempre essere intrapresa non percorrendo una singola strada, ma in un più completo approccio multidisciplinare; pertanto le terapie non farmacologiche per la cura del dolore sono, affianco ad accorgimenti di carattere correttivo nelle abitudini e nello stile di vita, e alla somministrazione di medicinali quando necessario, un aiuto essenziale per la guarigione e la prevenzione dei sintomi dolorosi. Molti di questi approcci consentono infatti di stimolare positivamente l’organismo in modi differenti dalle tecniche primarie, apportando un contributo essenziale al paziente.

Di seguito andremo a vedere alcuni dei trattamenti più efficaci in tal senso.

Mesoterapia omeopatica antalgica

Questa terapia è finalizzata per la cura del dolore, e prevede l’utilizzo di medicinali, che essendo però di natura omeopatica non vanno a contrastare l’azione dei farmaci tradizionali. Nella mesoterapia i farmaci vengono somministrati tramite inoculazione intradermica utilizzando i cosiddetti aghi di Lebel, che hanno lunghezze comprese tra i 4,6 e i 12 mm e diametri di 0,4 mm. L’iniezione a seconda dei casi viene effettuata tramite singoli iniettori con cicli dalle 10 alle 15 sedute a cadenza settimanale e della durata di 15 minuti.

Agopuntura per la cura del dolore

L’agopuntura è una tecnica di medicina tradizionale cinese che consiste nell’applicazione di aghi molto sottili sul corpo allo scopo di lenire il dolore. Gli aghi vengono infilati in zone precise dette punti sui meridiani, stimolando il sistema nervoso nel rilascio di sostanze quali endorfina e serotonina, utili per il dolore e per il miglioramento dell’umore. L’agopuntura può essere applicata per disturbi quali mal di testa, dolori articolari, dolori correlati alla colonna vertebrale, malattie gastrointestinali e varie lesioni. Si tratta di un intervento indolore, le cui sedute durano dai 30 ai 45 minuti.

Terapie non farmacologiche: la ossigeno-ozonoterapia

Questo trattamento combina i benefici combinati dell’ossigeno e dell’ozono, sostanze già presenti all’interno del nostro organismo, per incrementare la risposta immunitaria e ridurre conseguentemente i sintomi dolorosi. Il potere antiossidante dell’ozono contrasta infatti i batteri e tutti gli agenti responsabili di infezioni e infiammazioni. L’ossigeno-ozonoterapia è una tecnica di grande impiego anche per l’ernia discale, e prevede dalle 6 alle 10 sedute per un tempo massimo di 10 minuti.

Per approfondire: Che cos’è l’ozonoterapia e quali benefici apporta in fisioterapia

Mindfulness – Protocollo MBSR

La mindfulness è una pratica che deriva da tecniche di meditazione con millenni di storia, e ha come scopo quello di accompagnare le persone in un percorso che consenta una migliore gestione dello stress quotidiano, quindi di migliorare la salute fisica e mentale, come dimostrato da numerose ricerche scientifiche. Il corso più comune di mindfulness è denominato Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), un programma di otto settimane che integra pratiche ed altri esercizi eseguiti in gruppo. 

Per approfondire: Che cos’è la mindfulness e come può aiutare con lo stress cronico

Esistono in sostanza molte terapie non farmacologiche per la cura del dolore che possono aiutare un paziente nel raggiungimento di un migliore stato di benessere. Per maggiori informazioni potete contattare il Centro Politerapico di Monza.

Che cos’è l’ozonoterapia e quali benefici apporta in fisioterapia

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Che cos’è l’ozonoterapia e quali benefici apporta in fisioterapia

L’ozonoterapia, conosciuta anche con il termine ossigeno-ozonoterapia, è un trattamento utile per la cura di molteplici patologie, e indicato nel ramo della fisiatria per i pazienti affetti da problematiche quali lombosciatalgia, lombocruralgia e cervicobrachialgia, dovute a patologie specifiche della colonna vertebrale, quali l’ernia del disco o protrusione discale.

Questa terapia consente di apportare benefici considerevoli tramite le proprietà combinate di ozono e ossigeno, che favoriscono un ottimo incremento della risposta immunitaria. L’ozono è infatti un gas già presente all’interno del nostro organismo poiché prodotto dai neutrofili, i più numerosi tra i globuli bianchi, al fine di contrastare infezioni e infiammazioni.

Come funziona l’ozonoterapia

Attraverso l’ozonoterapia è possibile incrementare la quantità di ossigeno a disposizione nel corpo, in modo da beneficiare dei suoi effetti positivi. Uno di questi è la riduzione dei sintomi correlati al dolore, che in molti casi eliminano la necessità di intervento chirurgico. In questo caso, il trattamento agisce con azione antidolorifica e antinfiammatoria, che sfruttando il potere antiossidante dell’ozono contrasta batteri e altri elementi antagonisti dell’organismo per neutralizzare le infezioni e le infiammazioni.

Ma oltre ai benefici apportati con le azioni antinfiammatorie e analgesiche, il trattamento con ozono medicale si dimostra utile anche nel trattamento dell’ernia discale, disidratando il tessuto del disco intervertebrale coinvolto nel processo degenerativo.

La durata dei trattamenti varia fino a un massimo di dieci minuti circa, prevede dalle sei alle dieci sedute a cadenza settimanale/bisettimanale e non richiede una specifica preparazione, ma semplicemente l’astensione da sforzi eccessivi nella giornata in cui riceverà il trattamento.

Applicazioni dell’ozonoterapia in fisioterapia e altri ambiti

In fisiatria, l’ozonoterapia viene utilizzata prevalentemente per il trattamento del dolore procurato da ernie discali, protrusioni discali e artrosi, ma è bene citare anche gli altri ambiti di applicazione, tra cui, ad esempio:

  • infezioni batteriche;
  • infezioni virali;
  • ferite causate da problemi al microcircolo;
  • fibromialgia;
  • stanchezza conseguente a terapie oncologiche.

Particolarmente importante è l’azione che l’ozono esercita per contrastare l’antibiotico-resistenza.

Dove effettuare sedute di ozonoterapia

Al Centro Politerapico Polidiagnostico di Monza è possibile ottenere una consulenza circa la possibilità di iniziare un percorso di sedute di ozonoterapia presso il nostro ambulatorio di fisiatria, disponibile dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle ore 20.00.

Contattateci ora per maggiori informazioni o per prenotare una seduta.

Che cos’è la mindfulness e come può aiutare con lo stress cronico?

Che cos’è la mindfulness e come può aiutare con lo stress cronico? | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Gli esseri umani hanno praticato la meditazione per migliaia di anni, perlopiù connessa ad approcci spirituali, di diversa natura. Negli anni più recenti, la mindfulness, una pratica che deriva direttamente dalle tecniche di meditazione praticate da millenni, è diventata sempre più diffusa e conosciuta come una “tecnica” per aiutare le persone a gestire meglio lo stress quotidiano e migliorare il benessere in senso globale. Moltissime ricerche ne dimostrano l’effettiva efficacia, evidenziandone la capacità di modificare il nostro cervello e la nostra biologia in modo positivo, migliorando la salute sia fisica sia mentale.

La meditazione può essere definita in tanti modi diversi. Un modo semplice di descriverla è di concettualizzarla come un allenamento per l’attenzione, che ci invita di continuo a tornare a ciò che è presente in questo momento. Tipicamente, richiede di rivolgere la consapevolezza al respiro, al corpo e alle sensazioni fisiche, alla tonalità emotiva che le accompagna, e ai pensieri. Questo processo attentivo viene svolto in un modo particolare, cioè portando un’attenzione “calda”, intrisa di gentilezza e assenza di giudizio per quanto sta accadendo. Uno dei possibili effetti di questo allenamento è di poter imparare a rispondere anziché reagire a ciò che sentiamo e pensiamo, e a quello che avviene nelle interazioni quotidiane con le altre persone. In questo modo, con il tempo e l’esercizio, è possibile accorgersi dei nostri “piloti automatici”, quegli schemi abituali in cui continuamente ricadiamo, spesso con effetti nefasti per la nostra salute o il nostro benessere.
Negli anni sono stati sviluppati diversi corsi che introducono alla mindfulness, il più comune è l’MBSR, ovvero Mindfulness-Based Stress Reduction, un programma di 8 settimane in cui vengono gradualmente introdotte e praticati in gruppo diverse pratiche di mindfulness, insieme ad altri esercizi.

Mindfulness contro stress e stress cronico

Vedi anche: Perché è necessario includere terapie non farmacologiche per la cura del dolore

Sin dagli albori dell’evoluzione dell’essere umano, saper mantenere uno stato di allerta è stato fondamentale per sopravvivere in un mondo denso di pericoli e di predatori. Evolutivamente si ritiene che gli individui la cui risposta allo stress si è rivelata più adatta alla sopravvivenza siano quelli che hanno trasmesso il proprio patrimonio genetico ai posteri, tramandando così un meccanismo predisposto a rispondere attivandosi a qualsiasi minaccia per la sopravvivenza o pericolo. Questo meccanismo, che come specie ci ha permesso di evolvere e di progredire, nel mondo moderno può diventare maladattivo quando siamo esposti a qualcosa che percepiamo come minaccioso o pericoloso, soprattutto se questa esposizione è prolungata nel tempo. In questi casi, infatti, possiamo trovarci a vivere in uno stato di allarme cronico, anche in assenza di stimoli esterni che costituiscano effettivamente una minaccia per la nostra incolumità fisica. È esperienza comune, per esempio, l’ansia che si sperimenta quando si è in attesa di una notizia per noi importante, o quando ci troviamo in situazioni di incertezza a medio/lungo termine, o ancora quando siamo sottoposti a un grosso carico di stress quotidiano. Infatti, a differenza degli uomini primitivi, oggi per noi possono essere minacciosi anche pericoli immateriali, come minacce al nostro senso di identità, al nostro ruolo o posizione sociale, a una relazione intima importante.

Uno studio retrospettivo svolto negli Stati Uniti dal 1998 al 2006 ha dimostrato che livelli più alti di stress nelle persone e la percezione che lo stress inficiasse la propria salute sono associati a peggiori condizioni di salute, sia mentale sia fisica.
Infatti, lo stress nel corpo si manifesta con la produzione di alcuni ormoni cosiddetti stress-correlati che, se presenti nel corpo per lungo tempo e in alte dosi, possono impattare, per esempio, sull’efficienza del sistema immunitario.

Uno studio del 2017 ha dimostrato che la meditazione era in grado di diminuire il livello di diversi indicatori biochimici di infiammazione (cortisolo e proteina c reattiva), la pressione arteriosa e il ritmo cardiaco. Allo stesso tempo, ha dimostrato anche che dopo un percorso di mindfulness aumentava la concentrazione, la serenità percepita e la capacità di tollerare emozioni negative.
Sembra quindi che praticare meditazione, così come proposto nei corsi di mindfulness, sia uno strumento semplice e alla portata di tutti per poter coltivare un modo diverso di stare con le diverse esperienze, anche quelle dolorose o faticose e, in questo modo, poter ridurre i nostri livelli di stress, anche cronico, migliorando il nostro stato di salute.

Che cos’è lo stripping dentale e quando procedere al trattamento

Che cos’è lo stripping dentale e quando procedere al trattamento | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

La tecnica dello stripping dentale viene applicata in campo ortodontico per favorire l’allineamento dei denti, laddove questi presentino un diametro mesio-distale eccedente. Nel momento in cui infatti quella che può essere descritta come la larghezza dell’elemento dentale non consente le comuni operazioni di ortodonzia, è possibile procedere a piccole abrasioni al fine di incrementare lo spazio utile; questa tecnica può essere applicata sia per i settori frontali che per i denti posteriori. 

Una volta corretta la struttura del dente, è quindi possibile procedere alla correzione dell’allineamento dentale tramite l’applicazione di brackets (i comuni apparecchi ortodontici) o con altre tecniche di ortodonzia. Ma la limatura del dente consente anche di risolvere problematiche di tipo estetico, quale la riduzione dei cosiddetti triangoli neri, ovvero spazi che non vengono riempiti dalla papilla proprio a causa dell’eccedenza delle dimensioni del dente.

Stripping dentale: la procedura

Dopo che è stata appurata la possibilità di eseguire l’intervento sul paziente, il professionista esegue le opportune radiografie e, grazie ad appositi software, calcola le quantità di materiale da asportare per ottimizzare lo spazio necessario all’allineamento dentale. Lo stripping dentale viene eseguito solo dopo le pratiche ortodontiche primarie, che consentono di iniziare il processo di livellamento e allineamento dei denti, per prendere le misure per le fasi successive. Una volta offerta un’adeguata protezione ai tessuti molli, l’abrasione può avvenire sia manualmente tramite lima e carta abrasiva, che in modo meccanico, utilizzando una fresa; quando necessario, si applicano elementi distanziatori tra i denti, in modo da lavorare con maggiore agilità. Dopo aver dunque asportato il materiale in eccesso, si esegue la lucidatura, una pratica che consiste nel lisciare le superfici per eliminare le ruvidità che portano alla formazione di biofilm.

Eventualmente, per i soggetti con una maggiore sensibilità dentale, è possibile prendere in considerazione un ciclo di applicazioni di fluoro per remineralizzare lo smalto abraso.

Quando non è consigliato praticare lo stripping dentale?

Con la sempreverde premessa che ogni situazione clinica deve essere valutata singolarmente, la tecnica dello stripping si dimostra utile per situazioni (affollamenti) di lieve o media entità, dove si necessita di rimuovere complessivamente un massimo di 5-6 mm di smalto dentale per l’intera arcata. Viceversa, si rende necessario valutare altre ipotesi, quale ad esempio l’estrazione del dente e la sostituzione con una protesi. Generalmente, difatti, la quantità di smalto asportabile si aggira intorno agli 0,5-0,8 mm per ogni punto di contatto tra gli elementi dentali.

Vi sono inoltre altre situazioni in cui si presentano delle controindicazioni. Lo stripping innanzitutto non può essere applicato in presenza di corone, ponti e altre applicazioni protesiche, o in caso di ipersensibilità, carenza di smalto dentale (ipoplasia), scarsa igiene orale o denti di forma rettangolare. Con accesso limitato ai punti di contatto, dato da malposizioni dentali, l’abrasione deve essere rimandata al raggiungimento di un allineamento idoneo dei denti in arcata. Infine, lo stripping dentale non può essere eseguito in caso di spessori insufficienti dello smalto, dal momento che il dente potrebbe sviluppare ipersensibilità ed essere maggiormente esposto al rischio di carie.

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Un nuovo vaccino per la cura dell’acne?

Un nuovo vaccino per la cura dell'acne? | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

È quanto sembra emergere da alcuni dati pubblicati sul Journal of Investigative Dermatology da un team di ricercatori internazionali

La scienza ha fatto un ulteriore passo in avanti nella cura dell’acne, patologia che colpisce più di un milione di persone solo in Italia. Un team di ricercatori internazionali (scienziati dell’Università di San Diego, del National Central University di Jhongli a Taiwan e della Brandenburg Medical School Theodore Fontane di Dessau in Germania) ha infatti pubblicato sul Journal of Investigative Dermatology i risultati di uno studio che sembrerebbe dimostrare che la creazione di un vaccino contro l’acne non è più fantasia.

Il Dr. Yang Wang dell’Università di San Diego ha affermato che il vaccino sarebbe capace di ridurre la risposta immunitaria del corpo contro i batteri che producono l’acne impedendo che si verifichino infiammazioni nei follicoli e nelle ghiandole sebacee. “Il vaccino per ora ha dato risultati incoraggianti sui topi e in test di laboratorio condotti su tessuti umani, ma richiederà ancora qualche anno di lavoro”, ha commentato il Dr. Wang.

Questa soluzione potrebbe comunque rivelarsi un’ottima alternativa alle terapie attuali, al momento incapaci di gestire e mitigare questa patologia causa non solo di inestetismi (a volte permanenti) ma anche di disagi emotivi e psicologici soprattutto tra gli adolescenti, questa condizione affligge infatti il 40% della popolazione tra i 15 e i 19 anni.

 

Per maggiori informazioni in tema di visita dermatologica e asportazione delle verruche, consulta la nostra sezione apposita.

 

Vaccino per la cura dell’acne: i dubbi della scienza

Nonostante i test incoraggianti però, non tutta la comunità scientifica è persuasa della validità della ricerca: il vaccino sembra infatti affrontare solo uno dei tanti fattori che portano alla formazione dei brufoli non risolvendo il problema in maniera definitiva.

Insieme all’articolo firmato da Yang Wang e colleghi è uscito infatti un commento di Emannuel Cassot (Università di Zurigo) in cui parla del vaccino definendolo “molto promettente” suggerendo tuttavia che se da un lato potrebbe portare sicuramente a ottimi risultati, dall’altro ci potrebbero essere effetti non previsti sui pazienti.

Il problema sta nel fatto che il batterio responsabile dell’acne ha diversi ceppi, alcuni di questi sono assolutamente non dannosi e contribuiscono anzi a mantenere il giusto equilibrio della pelle. Per questo motivo in alcuni casi il rischio è quello di portare a un peggioramento del problema e non a una sua soluzione.

In conclusione potremmo dire che con tutta probabilità il vaccino di cura dell’acne funzionerà meglio se utilizzato all’interno di terapie che prevedano anche l’utilizzo di altri farmaci. Non una “soluzione definitiva” quindi, ma sicuramente un valido aiuto per medici e specialisti alle prese con casi particolarmente gravi o complessi.

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Posturologia: quanto è importante per chi pratica sport

Posturologia: quanto è importante per chi pratica sport | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

La Posturologia: cos’è?

Si potrebbe definire la “postura” come la disposizione delle parti del corpo in rapporto all’ambiente circostante o più specificatamente come “la disposizione delle parti del corpo“ seguendo la definizione del Posture Committee dell’American Academy of Orthopedic Surgeon.

La posturologia è quella branca della medicina alternativa che studia i rapporti tra la postura del corpo e determinate patologie riunendo diversi ambiti della medicina come oculistica, neurologia, odontoiatria, fisiatria, otorinolaringoiatria. Il sistema posturale è quindi un sistema complesso che vede coinvolte strutture appartenenti sia al sistema nervoso centrale che periferico.

Questa disciplina, attraverso una specifica ed accurata valutazione, consente di individuare ancor prima che si manifestino alterazioni riscontrabili tramite radiografia. Individuando le cause fondamentali primarie e secondarie di queste alterazioni sarà quindi possibile attuare una riprogrammazione posturale globale. Una corretta valutazione posturale ha infatti come obiettivo primario quello di evidenziare chiaramente i vari squilibri della muscolatura tonico-posturale.

La Posturologia e lo Sport

Generalmente si ritiene che per un atleta, avendo una muscolatura sviluppata, sia più difficile subire traumi indiretti al proprio corpo, è invece dimostrato come diverse patologie che interessano le articolazioni e la colonna vertebrale siano più precoci tra chi pratica attività sportiva. Va considerato infatti che le ossa, le articolazioni, i legamenti e i muscoli degli atleti sono maggiormente “stressati” rispetto a quelli di chi non pratica sport.

Risulta quindi importante per gli atleti effettuare una valutazione posturale per valutare il rischio di traumi da sovraccarico funzionale e monitorare le abitudini posturali rischiose che potrebbero compromettere la performance e/o la salute.

Quindi, la postura dell’atleta ha un ruolo fondamentale, sia per garantire un gesto atletico ottimale in vista di una competizione sportiva sia per la riabilitazione, la prevenzione o la cura di infortuni. In caso di squilibrio posturale è infatti più probabile incorrere in traumi, ernie discali, distorsioni articolari, artrosi, crampi e facile esauribilità neuromuscolare. Inoltre, la valutazione posturale, indagando le cause di alterazione che limitano l’attività sportiva, permette di migliorare e perfezionare il metodo di allenamento dell’atleta.

Presso il Centro Politerapico vengono effettuate diverse visite adatte a prevenire o risolvere problemi legati alla postura, come la fisioterapia o l’osteopatia; a questo link è possibile avere una panoramica di tutti i servizi attivi.

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Cancro al colon-retto: la vitamina D riduce i rischi

Anche la dieta va in vacanza? Come pianificare l'alimentazione in estate | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Uno studio del Journal of the National Cancer Institute pubblica nuovi dati

Sabina Sieri, epidemiologa presso la Fondazione Irccs-Istituto Nazionale dei Tumori è tra gli autori di uno studio condotto a livello internazionale che mostra la correlazione tra alti livelli di Vitamina D e bassa probabilità di riscontrare il cancro al colon-retto. L’articolo, pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute, riporta alcuni dati che dimostrano come avere alti livelli di Vitamina D (già nota per il suo effetto benefico per la salute delle ossa) nel sangue protegga contro questo tumore, tra i più diffusi in Italia, come afferma la dott.ssa Sieri infatti: “Il rischio di sviluppare un tumore del colon-retto nel corso della vita è di 1 donna su 24 e di 1 uomo su 22; è la seconda causa di decessi attribuibili a tumore negli uomini e nelle donne”. La patologia ha origine nel grosso intestino, cioè nel colon (70% dei casi) e nel retto (30%) ed è causata dalla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste internamente la parete intestinale.

Per maggiori informazioni in tema di visita proctologica, consultate la nostra sezione apposita.

 

Gli studi sulla vitamina D per il cancro al colon-retto

Diversi studi condotti in precedenza sull’influenza della vitamina D hanno dato risultati incongruenti, per questo sono stati analizzati 5.700 casi di tumore del colon-retto e 7.100 casi controllo, appartenenti a diciassette coorti e osservati per circa cinque anni. Durante questo periodo, soggetti con concentrazioni non ottimali della vitamina hanno presentato un rischio maggiore del 31% di sviluppare un tumore del colon-retto rispetto ai soggetti con concentrazioni di vitamina D circolanti ritenute idonee per la salute dell’osso. Il rischio si abbassa sotto il 27% per quei soggetti nei quali sono stati rilevati livelli di Vitamina D superiori a quelli raccomandati per una salute ottimale dell’osso. Per questo si potrebbe affermare, e le parole di Sieri lo confermano, che i livelli “raccomandati per la salute delle ossa potrebbero essere inferiori a quelle che sarebbero ottimali per la prevenzione del tumore del colon-retto”.

La vitamina D comprende un gruppo di sostanze liposolubili coinvolte nell’assorbimento e nelle funzioni fisiologiche del calcio, del fosfato e di altri elementi essenziali quali ferro, iodio, magnesio, zinco e litio. Questa vitamina proviene per il 95% dalla pelle, dove viene prodotta da un processo di fotosintesi a seguito dell’esposizione alla luce solare, e per il 5% dall’alimentazione – è presente per esempio in alimenti come olio di pesce, pesci grassi (salmone, sgombro, pesce azzurro), frutti di mare, formaggi grassi, uova, funghi, soia e derivati.

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Istituto Superiore di Sanità: Legionella, come prevenirla

Istituto Superiore di Sanità: Legionella, come prevenirla | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Istituto Superiore di Sanità: Legionella, come prevenirla

Legionella: l’Istituto Superiore di Sanità invita a controllare rubinetti e condizionatori per ridurre il rischio di contrarla

 

Le Legionellosi, comunemente chiamata Legionella o malattia del legionario, è un’infezione polmonare causata dal batterio Legionella pneumophila, i sintomi con cui si manifesta sono solitamente febbre, brividi, tosse secca o grassa anche se a volte può provocare dolori muscolari, stanchezza, mal di testa, perdita di appetito e, in alcuni casi, diarrea. Nella forma febbrile minore (febbre Pontiac), causa solo febbre e dolori muscolari e i sintomi si riducono nel giro di pochi giorni, mentre in casi più gravi può comportare anche polmonite. Per trattare la patologia vengono adoperate terapie antibiotiche, ma molto importante è soprattutto la prevenzione.

 

Per maggiori informazioni in tema di visita pneumologica, consultate la nostra sezione apposita.

 

Come si diffonde il batterio della legionella

Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità in una scheda del Centro Nazionale di Epidemiologia infatti, il batterio non si trasmette direttamente da persona a persona, ma può diffondersi tramite flussi di aerosol o di acqua contaminata, come in ambienti condizionati o dove sono attivi sistemi di umidificazione. Sistemi di tubature, condensatori e anche colonne di raffreddamento dell’acqua sono gli ambienti ideali per la riproduzione del batterio che predilige ambienti umidi e tiepidi o riscaldati.

Come spiega l’ISS, “La Legionellosi pone un serio problema di salute pubblica, perché costituisce un elemento di rischio in tutte le situazioni in cui le persone sono riunite in uno stesso ambiente, come case di cura, ospedali, piscine e terme e altri luoghi pubblici, in cui è in funzione un sistema di aria condizionata, umidificazione, trattamento dell’aria o ricircolarizzazione delle acque“.

 

A favorire il prolificare della Legionella sono soprattutto sedimenti organici, ruggini, depositi di materiali sulle superfici dei sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque, per questo è molto importante limitare la diffusione del batterio in ambienti a rischio controllando frequentemente le fonti d’acqua utilizzate, i sistemi di condizionamento, le tubature e i condensatori.

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Eurostat: infarto prima causa di morte evitabile

Eurostat: infarto prima causa di morte evitabile | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Eurostat: “L’infarto tra le prime cause di morte evitabile in Unione Europea”

Secondo un recente studio Eurostat sulla condizione sanitaria e di prevenzione del territorio europeo, ogni anno circa una morte su tre sotto i 75 anni sarebbe evitabile grazie alle conoscenze mediche e tecnologiche di cui disponiamo, ma avviene lo stesso a causa del mancato intervento o di un intervento tardivo. Si parla infatti di 570 mila morti all’anno in tutta Europa (sul totale di 1,7 milioni di persone con meno di 75 anni che muoiono in media ogni anno); “Morti che” – come afferma Eurostat – “avrebbero potuto non avvenire se ci fosse stata una assistenza sanitaria adeguata in atto”.

 

Per maggiori informazioni in tema di visita cardiologica, consultate la nostra sezione apposita.

 

Infarto, cosa dicono le statistiche italiane ed europee

Entrando nello specifico del panorama italiano emerge che le morti evitabili per il 2015 sono state poco più di 50 mila, ovvero circa il 32% del totale, percentuale in linea con la media europea (33,1%). La situazione peggiore è invece quella della Romania con il 50% di morti evitabili, seguono Lettonia Lituania (47% circa) e la Slovacchia (44,2%). In testa alla classifica degli stati con meno morti evitabili c’è invece la Francia con il 25%, seguita da Belgio (26%), Danimarca (26,6%), Paesi Bassi (28,1%) e Polonia (29,9%).

Insomma, torna centrale il tema della prevenzione, unito a quello della necessità di controlli periodici soprattutto dopo i 50 anni, mentre dal punto di vista delle Istituzioni si accende un campanello di allarme per quanto riguarda la disparità tra i sistemi sanitari a livello europeo. Il dato più allarmante è quello che vede l’infarto in testa alle cause di questo tipo di morte: questa patologia è infatti responsabile di circa un terzo delle morti evitabili. La cardiopatia ischemica, che provoca l’infarto del miocardio, è la principale causa di morte in Occidente, seguita da ictus (16%) e tumore del colon-retto (12%).

Le buone norme per la prevenzione

Per ridurre i rischi di infarto è necessario limitare i valori di colesterolo nel sangue, e questo è possibile innanzitutto smettendo di fumare (se si è fumatori), praticando attività fisica regolare e iniziando una dieta sana. L’esercizio fisico, oltre ad abbassare il livello del colesterolo, migliora la circolazione e la pressione del sangue, aiuta l’attività cardiaca e può servire anche a controllare il peso corporeo. Per quanto riguarda la dieta questa dovrebbe prevedere cibi a bassa presenza di colesterolo e di grassi saturi e molta frutta e verdura. È infatti possibile abbassare il livello di colesterolo dannoso e mantenere quello del colesterolo “buono” evitando i cibi ricchi di grassi saturi (burro e carne rossa), favorendo invece quelli che ne contengono pochi come l’olio d’oliva e le carni bianche. Infine si ricorda che è sempre importante mantenere controllati i valori di pressione arteriosa verificando i livelli di glicemia nel sangue (se si è diabetici).

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Cos’è lo strabismo e come curarlo

Cos'è lo strabismo e come curarlo | Centro Politerapico Polidiagnostico Monza

Cos’è lo strabismo

Lo strabismo è un disturbo oculistico con deviazione degli assi visivi causata da un malfunzionamento dei muscoli oculari estrinseci, responsabili della mobilità del bulbo oculare.

A causa di questo disturbo lo strabico non riesce a vedere tridimensionalmente, ma vede con un occhio solo. Questa patologia inoltre è spesso collegata ad altre problematiche conseguenti come mal di testa, visione doppia, torcicollo o altre posizioni anomale del capo. Anche la componente psicologica di questa patologia va considerata in quanto lo strabismo si configura anche come importante problema estetico.

Esistono diversi tipi di strabismo:

  • Convergente: occhio deviato verso l’interno
  • Divergente: occhio deviato verso l’esterno
  • Verticale: occhio deviato verso l’alto o il basso.

Il lavoro del medico consiste nel correggere queste deviazioni ripristinando il corretto funzionamento dei muscoli oculari.

Diagnosi e prevenzione

Lo strabismo può essere identificato già durante le prime visite pediatriche o addirittura alla nascita (può infatti essere anche ereditario), ma può anche svilupparsi successivamente a causa di traumi, forti stress o febbri alte. E’ stato dimostrato che per evitare danni permanenti è importante diagnosticare lo strabismo entro i tre annidi età, per questo è importante effettuare controlli sin dai primi anni di vita del bambino.

Esistono infatti alcuni difetti visivi che se non trattati possono portare a questa condizione, tra questi troviamo l’ambliopia, comunemente chiamata “occhio pigro” che impedisce la normale collaborazione tra i due occhi, generando di solito uno strabismo divergente, o anche l’ipermetropia che invece può determinare una tipologia convergente.

Le cure

Fortunatamente la maggior parte dei casi di strabismo è migliorabile o totalmente correggibile.

A seconda della specificità o della gravità dello strabismo è possibile adottare diverse soluzioni, ad esempio i casi refrattivi possono essere corretti con gli occhiali, altri necessitano dell’occlusione di un occhio tramite uno speciale cerotto o la pratica di esercizi ortottici, altri ancora migliorano notevolmente se trattati con tossina botulinica, mentre per i casi più gravi è necessario intervenire chirurgicamente.

In generale le tecniche oggi utilizzate sono molto meno invasive rispetto al passato e anche nel caso di intervento la ferita si rimargina in pochi giorni e anche il rossore sparisce in breve tempo.

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